IL GABINETTO

La mattina, Vitantonia si alzava sempre di buon ora; addirittura prima che cominciasse ad albeggiare;Quando solo il gallo, nel pollaio sotto casa,con i suoi chicchirichì ancora pigri e sonnacchiosi, dava la sveglia, avvertendo il suo padrone di allertarsi per il risveglio che avrebbe annunciato ufficialmente solo più tardi; e con dei chicchirichì ben più squillanti ed imperiosi.
L’ora per certe faccende è di capitale importanza! E lei vi si preparava con molta cura ed attenzione; come per un appuntamento a cui voleva presentarsi sempre puntuale. Era uno di quei momenti magici in cui il vecchio giorno non è ancora finito ed il nuovo giorno non è ancora cominciato; proprio quando  la fioca illuminazione pubblica, originata da opache lampadine  appese a pali contorti e precari, si spegneva;  il che avveniva molto presto in quell’epoca povera e sparagnina; quando nessuna finestra delle case del paese si era ancora accesa, a segnalare il risveglio di qualche nottambulo,perché solo questo avrebbe escluso con certezza assoluta l’aborrita presenza di sguardi indiscreti ed irriverenti; quando questo momento scoccava, scontato e preciso, nel suo verificarsi, da sempre fatto oggetto di studio accurato e liberatorio della tensione accumulata nella trepidante attesa, Vitantonia, già pronta dietro l’uscio di casa e avvolta nel suo ampio scialle che serviva, più che a ripararla dal freddo, a creare un’ulteriore protezione nei suoi confronti, scattava come un molla tenuta a lungo compressa e si dirigeva verso il luogo prescelto; iniziando una folle corsa, di cui il clic dello spegnimento dell’illuminazione pubblica, distintamente udito in quel silenzio ovattato della notte che muore, aveva dato il via.Nella sua corsa, Vitantonia, senza mai rallentarne il ritmo,  sollevando leggermente con una mano il lembo dello scialle che le copriva finanche gli occhi, trovava il modo di scrutare le campagne circostanti, per sincerarsi che nessun contadino si fosse già messo all’opera nella stalla e che nessuna luce fosse accesa nelle masserie, perché questo le avrebbe creato grande imbarazzo; anche se la grande distanza non consentiva di distinguere chiaramente neanche le case,  che apparivano come oggetti abbandonati nei terreni appena rischiarati dal fioco bagliore della luna.
Essendosi, dunque, accertata, durante la corsa,che tutto era a posto, Vitantonia, bruscamente, si fermava nel posto prescelto per quella mattina, perché ritenuto più adatto. Infatti, il luogo era, generalmente, sempre lo stesso, ma il posto preciso era ogni giorno diverso; Qui giunta e continuando ad ispezionare tutta la zona circostante,con rotazioni rapide della testa, a mo’ di donnola guardinga e timorosa, senza neanche accovacciarsi, in quanto aveva avuto cura di non indossare le braghe  e divaricando ampiamente le gambe, come per un esercizio di respirazione di fine corsa, portata una mano alla fronte, per scrutare un’ultima volta l’orizzonte, apriva le chiuse e dava libero corso a quell’enorme massa d’acqua che ormai era lì lì per tracimare e che si raccoglieva sotto le sue ampie gonne in una pozza sulfurea,fumante e schiumosa, subito riassorbita dal terreno secco e pietroso del luogo.Di poi, congiunte nuovamente le gambe, in  posizione di ripartenza, si soffermava per un attimo a scrutare compiaciuta la parte di terra inzuppata; quasi a voler determinare la quantità di liquido fuoruscito, di cui rimaneva ora soltanto qualche esile ma ostinata bollicina; di poi nascondendosi quasi interamente nell’ampio scialle, si dirigeva a passo svelto verso casa.Questa operazione, Vitantonia, era costretta a farla almeno due volte al giorno; la mattina e la sera; ma, a volte, anche più di due;quando, per esempio, era tempo di meloni e di angurie davanti ai quali non sapeva resistere e ne mangiava in grande quantità. Tuttavia, se l’appuntamento dell’alba e quello della sera non le creavano grossi problemi di riservatezza, quando quell’ora fatale scoccava in pieno giorno, venendo ad essere privata della protezione del buio, Vitantonia  si sentiva in grande imbarazzo e veniva presa da forte ansia. Infatti, il vaso, lei lo usava raramente e solo per situazioni di malattia o quando era impossibilitata ad uscire di casa. Così, a poco a poco ma sempre con insistenza crescente, cominciò ad affacciarsi l’idea, folle per le condizioni economiche della sua famiglia, di dotare la sua casa di un regolare gabinetto, come allora  veniva chiamato il bagno,antenato del WC. A renderla ancora più convinta di questo, contribuiva la sorella, emigrata in America una ventina d’anni prima che, nelle sue lettere, le parlava della lussuosa stanza da bagno di cui disponeva la sua casa; con tanto di acqua corrente ed una comoda vasca per il bagno della domenica. Anche lei avrebbe dovuto seguire la sorella negli Stati Uniti; ma la sopraggiunta infermità della mamma, prima, e l’amore per Rocco, dopo, fecero mandare a monte  tale progetto. Questo, però, non voleva assolutamente dire che a lei  dovevano essere precluse le belle comodità d’oltreoceano ! Perciò, dopo essere riuscita a convincere il marito che acconsentì solo per farla contenta e non risparmiandosi nessun sacrificio, Vitantonia si fece costruire l’agognato gabinetto.Non all’interno della casa ma all’esterno. Infatti non si poteva sottrarre spazio prezioso all’unico ambiente esistente, nel quale solo  un grosso telo, che scorreva a mo’ di tenda lungo un filo fissato alle pareti, separava la zona letto dal resto della casa, assicurando un minimo di intimità, almeno visiva, per la notte.Si praticò una breccia nella parete  Nord e si costruì una scatola di mattoni, sospesa nel vuoto ed attaccata al muro come un grande nido di rondine o come quelle escrescenze carnose o  bitorzoli che spuntano sul viso all’improvviso. Per accedervi, si ricavò, tra la finestra e il camino, una porticina così stretta che ci si entrava appena; anzi, Vitantonia, che con il passare degli anni si era ingrassata ed aveva messo su una pancia ragguardevole, per entrarci, era costretta a disporsi di fianco e, a volte, se la manovra non era fatta con la più minuziosa precisione, accadeva che, a causa di movimenti maldestri del braccio, trascinasse giù ninnoli e cianfrusaglie varie adagiati sulla mensola del camino.Ma poi, la pratica quotidiana, già in capo a poche settimane, le insegnò che, non solo doveva mettersi di fianco ma, man mano che avanzava, doveva ruotare su se stessa, in modo da trovarsi, una volta entrata, già posizionata sull’obiettivo che altrimenti non sarebbe riuscita mai a centrare. E per rendere l’operazione ancora più agevole, aveva imparato che era più conveniente slacciarsi le braghe e sollevare le gonne già prima di entrare. Infatti ,l’abitacolo, pur essendo  l’arredo limitato soltanto al vaso e al secchio dell’acqua, era talmente angusto da non potercisi muovere in alcun modo. La finestrella, poi, era così minuta che, quando qualcuno riusciva ad infilare la testa, sembrava un rondinotto che faceva capolino dai nidi costruiti , uno addossato all’altro, sotto la grondaia.Del resto, la casa di Vitantonia,finì per diventare un grappolo di nidi man mano che, aumentando le esigenze della famiglia, si aggiungeva su tutti i lati della casa preesistente,un’altra stanza , poi un’altra e poi un’altra ancora, quasi come un vestito che si allunga e si allarga, man mano che i bimbi crescono.In realtà, la costruzione del bagno non fu per la famiglia causa di maggiore confort della casa, come Vitantonia ragionevolmente si aspettava; bensì causa di continui ed interminabili alterchi tra lei e il marito.Quest’ultimo, infatti,per certe cose,non intendeva assolutamente cambiare le sue abitudini, rifiutandosi ostinatamente di entrare in quella gabbiola in cui non  si poteva stare neanche in piedi per tirar su comodamente i pantaloni e dichiarando solennemente che egli avrebbe continuato a fare le sue cose all’aperto, come aveva sempre fatto fino ad allora. A Vitantonia, questo fatto proprio non andava giù. E il giorno, quando si metteva seduta sull’uscio di casa, si sorprendeva spesso a fissare quella protuberanza della casa e gli occhi le si illuminavano. Si sentiva molto orgogliosa, per il fatto di essere riuscita a realizzare una cosa da signori che solo in pochi potevano permettersi.Ma adesso l’ostinazione del marito, rischiava di vanificare tutti i suoi sforzi e di trasformare una cosa bella da esibire con orgoglio in una cosa da nascondere, perché poteva diventare oggetto di scherno da parte dei vicini, nei cui sguardi, Vitantonia cominciava già a intravedere qualche luccichio sospetto, accompagnato da risolini beffardi. Più avvertiva questo e più non si dava pace , cercando ogni giorno di trovare le parole più convincenti o di escogitare gli espedienti più ingegnosi per riuscire a realizzare quella che ormai per lei pareva essere diventata una sorta di missione  o, comunque, l’unico scopo della sua vita. Le ragioni che egli apportava per giustificare il suo comportamento, potevano ritenersi anche valide, dal suo punto di vista : un senso di  maggiore libertà, motivi igienici, il disagio di sentirsi come un infermo costretto a fare tutto a letto  ma,soprattutto, perché quella di uscire all’aperto era anche l’occasione di scambiare qualche parola con coloro che utilizzavano lo stesso posto per i loro bisogni ( Gli uomini avevano meno pudore  e si curavano poco di assicurare un minimo di riservatezza a certe faccende! ).

- Ma lo sai quanti lavori mi sono stati commissionati proprio lì !?, diceva alla moglie.

Egli, infatti, era falegname e viveva del lavoro che riusciva a procurarsi in paese.

- Sai com’è fatta la gente?, continuava,….Il primo che incontrano la mattina, a quello       affidano l’incarico…perché poi se ne vanno subito in campagna….e ritornano solo la sera…e chi si è visto si è visto….! E poi, aggiungeva ancora, tu non conosci il piacere che si prova, a farlo appollaiato su un albero, sospeso nel vuoto…con le gambe penzoloni….mettendo subito una grande distanza tra te e…la cosa…è come un rito di purificazione….e quella cosa va giù e tu..completamente purificato ti elevi al cielo..al di sopra delle brutture terrestri………..

Ma neanche di fronte a cotante ragioni la moglie demordeva; anzi, diventava sempre più insistente per convincerlo a sfruttare questa nuova comodità della casa, cominciando a dargli in testa fin dalla sera quando si mettevano a letto, sperando che egli , meditando sulle sue parole nel corso della notte, si fosse mostrato più disponibile nei suoi confronti la mattina successiva.Ma non c’era niente da fare ! Appena sveglio, il marito si buttava giù dal letto e, vestitosi in fretta, correva all’impazzata verso la libertà.Egli era molto mattiniero e, le prime volte, Vitantonia, più dormigliona di lui, veniva svegliata solo dal rumore della porta di casa che il marito sbatteva con violenza, per essere sicuro che si richiudesse alle sue spalle.Ma era già troppo tardi per qualsiasi intervento !Vitantonia, capì allora che doveva alzarsi prima di lui. Quella stessa sera, andò a letto con questo proposito ma, per paura di non svegliarsi, non chiuse occhio tutta la notte. Al mattino, prima che il marito si svegliasse, si alzò, preparò la colazione e gli portò il caffè a letto, dopo aver liberato la porta del bagno dalle sedie e da altri oggetti vari lasciati, sparsi per la casa, dai bambini, la sera prima; in modo che il marito ne riportasse l’impressione di un accesso più agevole. E poi ricorreva ad altri espedienti, come, ad esempio,quello di sottoporgli un problema importante ed urgente riguardante i figli, al solo scopo di trattenere Rocco in casa il più a lungo possibile; con la speranza che egli venisse a trovarsi in una situazione di bisogno talmente impellente da essere costretto a capitolare.Ma il marito, mandato giù il suo caffè in un solo sorso e afferrata una ciambella dal vassoio ricco e invitante, che faceva bella mostra di sé sul tavolo della  cucina,senza degnare neanche di uno sguardo la porticina del bagno che già tutta spalancata sembrava invitarlo ad entrare e saltando i gradini a quattro a quattro, si trovò sulla strada in un baleno; con una mano sul davanti, nel tentativo di abbottonare l’ultimo bottone della brachetta. E lei ad affacciarsi sull’uscio  ed a chiamarlo solo con gesti affannosi e smorfie minacciose del viso, trattenendosi dall’urlare, così come avrebbe voluto e come la situazione richiedeva, per evitare di  offrire ai vicini nuovi e ghiotti argomenti per le loro conversazioni quotidiane.Per questo, anche se tutto l’apparato fonatorio era stato azionato al massimo della sua potenza  ed anche se la bocca era spalancata al limite dell’apertura massima delle mascelle, il che faceva prevedere un urlo così forte da svegliare tutto il vicinato, le parole pronunciate da Vitantonia, strozzandosi già in gola e stemperandosi in un soffio lieve e prolungato, leggibile solo dal movimento delle labbra, non giungevano neanche alle orecchie della persona a cui erano indirizzate. Egli, però, le intendeva ugualmente e non perché fosse capace di eseguire una lettura labiale ma perché, da quando era stato costruito il bagno, la moglie non faceva che ripetere sempre le stesse cose:
Perché ostinarsi a fare i propri bisogni come le bestie quando c’era la possibilità di farli come i cristiani ? A che cosa erano serviti tutti i loro sacrifici e le rinunce a cui avevano obbligato tutta la famiglia ? Ma soprattutto, cosa avrebbero detto i vicini, quando si sarebbero accorti della cosa?  Il marito,tuttavia, ritenendo di non dover dar conto a nessuno delle sue abitudini, non si preoccupava di prendere alcuna precauzione ed accompagnava i suoi decisi  gesti di rifiuto con parole pronunciate a tutto tondo:

-  No,le urlava Domenico,io mi rifiuterò sempre di entrare a retromarcia  come un camion in un garage troppo stretto !No !…No !….Il culo è mio e voglio portarlo al fresco |!

E lei già carica di vergogna, per il timore che qualcuno avesse potuto sentire, si ritraeva di scatto dietro la porta, nascondendosi in casa dove non poteva fare a meno di ritornare con la mente sui discorsi di  suo marito.Ma tutti i suoi ragionamenti, pratici ed esistenziali nello stesso tempo,lungi dal far minimamente vacillare le sue ferme convinzioni, spingevano Vitantonia a lambiccarsi il cervello sempre più, allo scopo di poter inventare mezzi più nuovi e più efficaci per la realizzazione della sua opera di civilizzazione. E, visto che Domenico si muoveva ormai in un campo decisamente esoterico, pensò che dovesse continuare la sua lotta usando le stesse armi. Detto fatto; durante la confessione, nella quale il sacerdote,come si sa, è legato al vincolo del sacramento e, quindi, non avrebbe potuto mai tradirla,tra un peccato e l’altro, Vitantonia, gli chiese di benedirle il bagno, che, come i fatti portavano inequivocabilmente a pensare, doveva essere stato colpito dal malocchio;solo qualche giorno prima il marito,piantando le patate nell’orto sotto casa,aveva rischiato di finire nel pozzo nero, che era stato ricoperto alla meno  peggio da sterpaglie e fascine !; essa, peraltro, si spingeva  fino ad individuare i probabili autori di tanta iettatura nei suoi vicini che, pezzenti quali erano e non essendo riusciti a farsi costruire un’opera simile alla sua,l’avevano fatto sicuramente per invidia.Il sacerdote rifiutò categoricamente di accogliere la sua richiesta, minacciandola addirittura di non darle l’assoluzione se lei non avesse cancellato dalla testa simili pensieri sacrileghi.
Ma Vitantonia non si perse d’animo e contattò subito una fattucchiera del posto, a cui spiegò i fatti, facendosi promettere solamente di non divulgarli. La fattucchiera, un po’ risentita , perché colpita nella sua deontologia professionale che la obbligava al più stretto riserbo, l’ascoltò con grande attenzione e partecipazione, dichiarandosi sicura di risolvere il suo problema.
Le fattucchiere avevano questo di bello; non essendo vincolate ad alcun preesistente apparato normativo, né religioso né etico né giuridico,potevano spaziare liberamente nel loro illimitato campo d’azione;disponendo di ampia discrezionalità nell’individuazione del rito,delle sue modalità di celebrazione nonché degli strumenti ritenuti più adatti;al solo intento di aderire a qualunque tipo di bisogno e per appagare ogni sorta di richiesta, senza mai ingenerare nel richiedente alcun senso di colpa o di peccato.

- Come sono pesanti i preti, rimuginava Vitantonia,con le loro continue prediche !…Ci sono momenti in cui uno ha bisogno solo di essere capito ed aiutato e loro a soffocare ogni più legittimo desiderio; a negare ogni evidenza, alla luce delle loro ottuse convinzioni; ad inibire ogni slancio del cuore; a chiudersi alla modernità !

- Pensare addirittura di negare l’assoluzione…….ma per quale colpa?…e che, è peccato desiderare che il proprio marito faccia le sue cose al chiuso e non all’aperto come le bestie ?!

- Poco è mancato che non parlasse di scomunica!! A lei che partecipava quotidianamente alle pratiche religiose, confessione e comunione incluse ?   Che irriconoscenza !Proprio a lei che, soprattutto nelle funzioni vespertine, vedendo che nessuno andava in chiesa, lasciava le sue cose e vi si recava per consentire al prete di svolgere le sue cerimonie!?

Così si sfogava Vitantonia tra sé e sè, piena di risentimento nei confronti di quel curato che l’aveva trattata tanto male:

- Ma come, continuava, non riuscendo proprio a capacitarsi,…..se uno ha bisogno di una cosa…è proprio quella cosa che va a chiedere a Dio……mica può chiedere una cosa che non gli serve ?….e quello sempre con la storia dell’anima…..del vero bene…che poi è sempre quello di cui non avverti la minima necessità…………..Allora è vero quello che mi disse mio figlio quando era piccolo ?

Il figlio di Vitantonia era da qualche giorno a letto con la febbre alta e la mamma lo sollecitava a rivolgere una preghiera alla Madonna :

- Su…facciamo una preghiera alla Vergine Santa,figlio mio….la Madonna è buona…e ti vuole bene…perciò ti farà guarire !

E il figlio, con quella  logica, pronta e rigorosa, nella sua schematicità , che appartiene solo ai bambini ed alla loro mente incontaminata,le rispose:

- Ma se mi voleva bene….non mi faceva proprio ammalare!

In quell’occasione, Vitantonia, da brava cattolica quale si riteneva, facendo appello alle sue scarse conoscenze teologiche, ricordo lontano della sua lunga frequenza al catechismo, cercò di far capire al figlio come stavano le cose;Ma ora, a distanza di anni e dopo quell’irriconoscente affronto del parroco, cominciava a pensare che il figlio, quasi quasi, avesse ragione!
Proprio per questo motivo, la faccenda del bagno diventava anche motivo di sfida contro le gerarchie ecclesiastiche, a cui intendeva dimostrare la superiorità di ministri di culti meno impegnativi sul piano comportamentale.
Com’era stata dolce e comprensiva la fattucchiera! E tempestiva, anche!

- Dagli questo intruglio, al mattino……..aggiungi tre cucchiaini di questo liquido ai pasti quotidiani……Non dimenticare di recitare  tre Ave Maria, mentre lo versi, una per ogni cucchiaio!……metti un po’ di questa polverina nelle mutande di tuo marito……proprio a contatto……capito!?…e non ti preoccupare che tutto si risolverà nel giro di qualche giorno….Ah! le boccette vanno tenute alla finestra nelle notti di luna piena..e ben riposte in un cassetto  nelle notti di  luna calante ….

Vitantonia uscì dalla casa della fattucchiera molto soddisfatta e contenta; già pregustando la sua gioia per la sconfitta del prete e per le facce deluse dei suoi vicini.
Ma questa soddisfazione le fu negata! Infatti, già dopo qualche giorno dall’inizio della terapia, che aveva dato come solo risultato visibile un fortissimo,continuo prurito del marito nelle parti basse,per via dell’applicazione , nelle mutande,di quella polverina,che doveva avere forte potere urticante, Vitantonia fu costretta a letto, per una caduta che le procurò la rottura del femore e varie fratture alle gambe e alle braccia.
In realtà,come si capì qualche tempo dopo, quella caduta era solo la prima manifestazione di un male molto grave, allora ancora sconosciuto ai più, da cui non sarebbe mai più guarita :il morbo di Parkinson.
Man mano che questo male avanzava, prendendo via via possesso di ogni più piccola parte del suo corpo, Vitantonia risultava sempre più impedita nei suoi movimenti e sempre più annebbiata nella mente; fino a che il letto diventò la sua dimora abituale.
E il marito, che con il passare dei mesi lei a stento riconosceva, fu costretto al suo capezzale giorno e notte, non essendoci nessuno che gli potesse dare il cambio nella sua opera di assistenza.Fu così che l’uomo capitolò e si convertì all’uso di quel bagno,orgoglio e vanto di Vitantonia. Questa,  quando lo vedeva dirigersi verso quel buco, sforzandosi quanto più poteva per riuscire a raccogliere le sue residuali esili energie,  sollevava leggermente la testa dal guanciale e,vincendo per un breve attimo il suo intorpidimento, lo osservava ammirata e felice varcare la soglia di quella reggia;
ed un accenno di sorriso si disegnava su quel volto spento mentre la testa ricadeva pesantemente sul cuscino.